Preghiera a Dio

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi:
se è lecito che delle deboli creature, perse nell’immensità e impercettibili al resto dell’universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato,
a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.
Fa’ sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda;
fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi,
tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole,
tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate,
tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te,
insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa’ in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole;
che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera;
che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa’ che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo,
e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano “grandezza” e “ricchezza”,
e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c’è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!
Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime,
come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell’attività pacifica!
Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace,
ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse,
dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.


Voltaire “Sulla Tolleranza”

Sulla Bellezza

Da :  Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, 2010

Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no.Così inizia L’uomo in rivolta,il celebre saggio in cui Albert Camus riflette sulla ribellione e la violenza: E prosegue:

“Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì,fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di questo no? Significa, ad esempio, ‘le cose hanno durato troppo’ ‘fin qui sì, al di là no’,  vai troppo in là e anche ‘c’è un limite oltrè il quale non andrai’. Insomma, questo no afferma l’esistenza di una frontiera” E, verso la conclusione, osserva:

“La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei.  La sua norma, che nell’atto stesso di contestare il reale gli conferisce unità. è anche quella della rivolta. […]  Mantenendo la bellezza, prepariamo quel giorno di rinascita in cui la civiltà metterà al centro delle sue riflessioni, lungi dai princìpi formali o dai valori sviliti della storia, quella virtù via che fonda la comune dignità del mondo e dell’uomo, e che dobbiamo ora definire di fronte a un mondo che la insulta”.[…] …Si serve l’uomo nella sua  totalità o non lo si serve per nulla. E se l’uomo ha bisogno di pane e di giustizia e se si deve fare quanto occorre per soddisfare questo bisogno, egli ha anche bisogno della bellezza pura, che è pane per il suo cuore”.

La bellezza non è dunque un ornamento. E’ una forma di salvezza e insieme una categoria morale. E’ il sintomo, o forse, più precisamente, il farsi visibile e concreto del bene morale.[…] ….Lo spiega bene Luigi Zoja quando scrive: “Nelle sue forme più antiche, il bene assoluto era composto inseparabilmente da giustizia e bellezza. Ma è un vinvolo perfettamente attuale: ancor oggi, per il nostro inconscio far scempio della bellezza è massima ingiustizia.

E si potrebbe aggiungere, l’ingiustizia, il comportamento immorale, il male sono sempre, anche, violazioni di un codice profondo di bellezza.

I contrari di bellezza sono, quasi sempre, parole che pertengono  alla sfera etica quanto alla sfera estetica: bruttura, orrore; grossolanità, sgradevolezza, sconcezza; soprattutto, il concetto vasto, e applicabile a molti campi dell’agire umano, di squallore.

[…] E nel suo saggio Ipotesi sulla bellezza, Susan Sontag scrive:

“Si ritiene di solito che la bellezza sia, quasi tautologicamente, una categoria estetica, e che perciò si ponga, a detta di molti, in rotta di collisione con l’etica. Ma la bellezza, anche quella che non ha nulla a che fare con i giudizi morali, non è mai pura  e semplice. E l’attribuzione della bellezza non è mai scevra da valori morali. Etica ed estetica non sono affatto agli antipodi, come insistevano Kirkegaard e Tolstoj: il progetto estetico è quasi di per sé un progetto morale. […] E oserei dire che il tipo di saggezza che scaturisce da una vita dedicata ad un profondo impegno in questioni estetiche non può essere equiparata a nessun altro genere di serietà.”

La saggezza di cui parla la Sontag è capacità di osservare criticamente il reale, di ribellarsi allo squallore. E’ giudizio, progetto, etica. E’ dunque, capacità di scelta.

“Io non sono interessata a come le persone si muovono, ma a ciò che le muove…” Pina Bausch

E’ il momento di Pina Bausch, l’indimenticabile coreografa tedesca scomparsa nel 2009.

All’Auditorium di Roma nei giorni 11,12,13 e 18,19,20 febbraio una serie di ricchi appuntamenti con dibattiti e filmati sull’opera di Pina.

Qui il trailer del film di Wim Wenders dedicato a Pina Bausch, in uscita nelle sale tedesche il 24 febbraio.

 

Inoltre

Piccolo Teatro di Milano Anche il Piccolo Teatro dedica un omaggio a Pina
Il sito ufficiale
Video su Pina Bausch
Tanztheater
La  voce dal dizionario dello spettacolo

Guarda che luna

Guarda che Luna Una delle canzoni preferite dall’autore del blog. Una canzone del grande Fred Buscaglione  in una splendida versione di Petra Magoni & Ferruccio Spinetti

Guarda che luna, guarda che mare,
da questa notte senza te dovrò restare
folle d’amore vorrei morire
mentre la luna di lassù mi sta a guardare.

Resta soltanto tutto il rimpianto
perché ho peccato nel desiderarti tanto
ora son solo a ricordare e vorrei poterti dire
guarda che luna, guarda che mare!

Ma guarda che luna, guarda che mare,
in questa notte senza te vorrei morire
perché son solo a ricordare e vorrei poterti dire
guarda che luna, guarda che mare!
Guarda che luna, guarda che mare! Che luna!

 

L’originale in una versione televisiva del 1959

9 maggio: giornata delle vittime del terrorismo

Un rimando ad una pagina dedicata a questa giornata su questo blog

Il Presidente Napolitano in occasione del Giorno della Memoria: “Guardare avanti senza mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto. Portare a compimento il giusto sforzo di ricomposizione storica nella rinnovata coesione umana, morale e civile della nazione”

Il testo integrale del discorso del Presidente e il video

Il melograno, la melagrana

La preghiera di Matisse

Io vado ora, come tutte le mattine, a fare la mia preghiera, con la matita in mano, davanti a un melograno coperto di fiori nei diversi gradi della loro fioritura e spio la loro trasformazione, facendo questo non con spirito scientifico, ma compenetrato di ammirazione per l’0pera divina. Non è questo un modo di pregare? In quel momento è Dio a condurre la mia mano nel disegno.

HENRI MATISSE

….Dobbiamo ritrovare anche noi la capacità di sostare davanti ai segni naturali; è necessario, infatti, riscoprire il gusto della contemplazione silenziosa, staccando dalla frenesia, dalle cose, dagli impegni, dall’esteriorità superficiale. Scriveva un autore fiorentino del Trecento, Paolo da Certaldo, nel Libro di buoni costumi: “Tieni la bocca chiusa e gli occhi aperti!”.

Gianfranco Ravasi 

da “Le parole e i giorni- Nuovo breviario laico, Mondadori,2008

L’AUTORE, PER RALLEGRARSI LA MENTE,

RIPENSA ANTICHE LETIZIE

E PENE D’AMOR PERDUTE

IN UN PAESE CHE NON C’è PIù

Fui giovane e felice un’estate, nel cinquantuno. Nè prima né dopo: quell’estate. E forse fu la grazia del luogo dove abitavo, un paese di figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi; con tante scale fra le due metà, a far da pacieri, e nuvole in cielo da un campanile all’altro, trafelate come staffette dei Cavalleggeri del Re…Che sventolare, a quel tempo di percalli da corredo e lenzuola di tela di lino per tutti i vicoli delle due Modiche, la Bassa e la Alta; e che angele ragazze si spenzolavano dai davanzali, tutte brune. Quella che amavo io ero la più bruna.

Da Argo il Cieco, di Gesualdo Bufalino, cap. 1


La nostra fragile esistenza

Ci sono molti modi per descrivere la nostra fragile esistenza e molti modi per darle un significato. Ma è la nostra esperienza a darle uno scopo e a dare a questo scopo un contesto. Un tessuto personale fatto di immagini, paure, amori, rimpianti. Per una sottile ironia della vita siamo destinati a vedere anche il buio oltre alla luce, a convivere con il bene e con il male, con il successo e con la sconfitta. E’ questo che ci rende unici, e che in fin dei conti ci dà la forza di lottare per sopravvivere.

da Heroes, seconda serie

Sincerità per sincerità: essere precari

Il problema del precariato scolastico non si è mai voluto affrontare in maniera adeguata.

Nessuno ha affrontato il problema cercando veramente di risolverlo. 

Non si può rispondere al problema dicendo solo che è una questione di risorse economiche.

Essere precari è una condizione esistenziale. Quale colpa pagano i precari?

E pensare che alcuni Stati in Europa per combattere la crisi investono nella scuola
Tanta solidarietà a tutti i precari della scuola

.09. Punti, Parole

Vi è una relazione molto particolare tra ciò che è nelle parole e ciò che è tra le parole di un testo. Qualsiasi idiota può declamare parole scritte; rivelare, tuttavia, che cosa accade tra una parola e l’altra è così sottile che, nella maggior parte dei casi, è difficile distinguere con certeza cosa sia dell’attore e cosa dell’autore.

da Un punto in movimento

Buona memoria a tutti!

La memoria

 

E’ la memoria che rende l’uomo diverso da tutti gli altri animali. Noi siamo l’unica specie legata al proprio passato. I nostri ricordi ci danno voce, sono testimonianze storiche da cui altri possono imparare; possono servire a celebrare la nostra gloria o metterci in guardia dai nostri errori.


da “Heroes”, seconda serie


Punto Scuola. Insegnare

Insegnare

Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo; coinvolgimi e io imparo.

Benjamin Franklin

Se insegni, insegna a dubitare di ciò che insegni

Josè Ortega Y Gasset

 

Ecco due frasi da meditare cercando di individuare il comune filo conduttore, ossia l’insegnare. E’, questa, una delle attività più alte e delicate che una persona compia nei confronti di un’altra. Ed è significativo ciò che osserva, nel primo aforisma, Benyamin Franklin, sì, l’inventore del parafulmine che fu anche scrittore e politico del Settecento americano. Egli distingue quasi tre gradi nell’insegnamento. Il primo è quello – ahimè molto “scolastico”- del dire le cose agli altri perchè le imparino, secondo il metodo dell’allevamento dei polli: li ingozzi perché assorbano cibo. E’ naturale che l’esito sia solo quello dell’evacuazione nell’oblio. Diverso è il secondo caso. La dimostrazione motivata, che nasce da un convincimento o da un’esperienza dello stesso maestro, incide e convince il discepolo che ricorderà il messaggio ricevuto.

Infine c’è la testimonianza: il docente non solo dimostra ma rivela che quella verità ha guidato le sue scelte, l’ha aiutato nel percorso della vita e allora le sue parole non saranno solo ricordate ma diventeranno un esempio da imitare, coinvolgendo l’alunno in pienezza. E’ ovvio che questa triade vale non solo per gli insegnanti ma per tutti gli educatori e ciascuno di noi lo è nei confronti quotidiani col prossimo. Un cenno merita annche la seconda frase che è del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset(1833-1955). E’ un monito da assumere con una precisazione. Il dubbio è come una spezia o come il sale, è necessario perché la nostra ragione è limitata e quindi deve’essere bandita ogni arroganza intellettuale, ma se il sospetto diventa eccessivo, ci costringe a sputare il cibo inghiottito. Ci sono due estremi da evitare: non dubitare di niente e dubitare di tutto.

da Gianfranco Ravasi, Le parole e I giorni-Nuovo breviario laico, Mondadori 2008